martedì 17 ottobre 2017

Una scrivania tutta per me

Ti sembrerà strano, ma non ho una vera scrivania da lavoro tutta per me.
Quando abbiamo progettato gli spazi di casa, ho voluto fortissimamente uno studio al piano terra, in un angolo riparato e tranquillo, che fosse il mio regno.
Per anni lo studio è stata la stanza degli orrori: scatoloni, polvere di cemento e tristezza. Impossibile lavorare in un caos del genere! In quegli anni il divano in soggiorno s'è trasformato nella mia scrivania: comodissimo per il corpo (ma solo in apparenza), scomodissimo per lavorare...

Quando è arrivato il turno di sistemare lo studio, abbiamo utilizzato i mobili residui di casa: due librerie aperte, un grande tavolo da pranzo con le sue sedie e una mensola. Col tempo abbiamo trasformato una libreria in un angolo ufficio con computer fisso, stampante, telefono e una serie di cassetti comodi per la cancelleria. Poi abbiamo aggiunto anche un mobiletto per contenere altri documenti archiviati.

Il grande tavolo doveva essere la mia scrivania: una superficie ampia su cui disporre il computer portatile, libri e documenti di lavoro e un contenitore con penne, evidenziatori e foglietti da ritirare nel mobile a fine giornata. Quando si è rotto il computer portatile, ho iniziato a usare il computer fisso del marito: la superficie su cui poggia, però, è talmente esigua da non riuscire a contenere nemmeno la parola scrivania!
Ora, al posto del portatile uso una tavoletta elettronica: riesco a svolgere la maggior parte del lavoro e riduco al minimo l'utilizzo del computer fisso. Ma continuo a fare la spola dal divano allo studio...

Così non posso andare avanti: voglio che il soggiorno sia dedicato solo allo svago e che lo studio diventi - finalmente - il mio (unico) posto di lavoro.
Per me, infatti, è fondamentale che ogni spazio abbia la sua funzione, senza contaminazioni. Ed è altrettanto importante che l'ambiente di lavoro sia accogliente e riposante.

Lo studio, però, rimane la stanza di casa che meno amo. Per un certo numero di ragioni:
  • non c'è una scrivania degna di questo nome
  • non c'è bellezza
  • non c'è luce
Il sole, infatti, entra prorompente nelle primissime ore del mattino, poi gira dietro la casa dei vicini e non si mostra più fino al giorno dopo. È una stanza buia anche in estate e io ne soffro: a chi piacerebbe passare le ore di lavoro in una grotta?!

Ci ho pensato a lungo e, alla fine, ho risolto un problema dopo l'altro.

paroladordine-studio-centraledicomando
  1. La scrivania
    È vero, non c'è e nello studio non c'è posto per lei. Però c'è sempre il grande tavolo: se lavoro sul lato davanti all'angolo ufficio posso sfruttare entrambe i piani, spostandomi dall'uno all'altro con la sedia girevole. Così è come avere due scrivanie: da una parte la tecnologia, dall'altra l'ampia superficie per scrivere e fare ricerche in comodità. Tra l'altro, la nostra centrale di comando è proprio lì vicino e tutto si fa più comodo.
  2. La luce
    Che cosa succede se tolgo il grosso lampadario nero appeso sopra il tavolo? L'ambiente diventa più luminoso! Al suo posto pende una semplice lampadina a incandescenza (amo la luce calda), resa più "protagonista" con un filo elettrico colorato: è una soluzione semplice, economica, simpatica, visivamente leggera e molto luminosa.
  3. La bellezza
    Per lavorare bene ho bisogno di stare in un ambiente caldo, armonioso e invitante. Mi piacciono i colori di base dello studio (bianco, legno e nero), mi piace la vivacità dei libri, ma manca qualcosa che renda l'ambiente confortevole. Ho puntato su tre aspetti: il colore (un po' di rosa qui e là), le piante e l'ordine.  È un lavoro ancora in corso: non ho le capacità di un arredatore, seguo solo il mio istinto e quel che mi fa sentire bene.
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È bastato davvero poco per voler bene al mio studio: ogni mattina mi accoglie col sorriso e una postazione di lavoro confortevole e su misura per me. Ora, anche lavorare è riposante.

Morale

Non sempre ci piacciono tutti gli spazi di casa o di lavoro. Alcuni ci sono proprio antipatici e non capiamo perché: troppo disordine, troppo buio, troppo freddo, troppo piccolo? Ci sentiamo quasi respinte. In realtà gli spazi sono lo specchio dell'uso che ne facciamo e, in questi casi, riflettono confusione, pigrizia, rinuncia.
Guardiamoli con occhi nuovi e cerchiamo di capire come vorremmo trascorrervi le ore: la trasformazione è già in atto, dentro e fuori di noi. 
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