Tempo fa ho avuto un’illuminazione. Una di quelle che mi fa fare un giro su me stessa per vedere le solite cose con occhi diversi. È una cosa semplice e piuttosto elementare: curare la casa è un altro modo di curare me stessa.
Niente di rivoluzionario, vero? In molti c’erano già arrivati da eoni, io invece l’ho compreso davvero solo ora. Forse perché non mi piacciono le pulizie di casa (non capisco chi ci si butta a capofitto come in un vassoio di bignè, ma l’invidio), non mi piace mettere in ordine, non mi piace svuotare e riempire la lavastoviglie; mi piace – solo un poco – riempire e svuotare la lavatrice e appendere i panni. Ecco!
Eppure un giorno ho fatto un rapido ragionamento: ho dei fastidi di salute da curare, per curarli i dottori mi dicono che devo mangiare cibo sano, fare esercizio fisico, eliminare lo stress, vivere in un ambiente sano. Per curare me stessa devo fare tante cose, tra cui curare l’ambiente in cui vivo: perciò curare la casa è un altro modo di curare me stessa. Ding! Lampadina accesa.
Da questo punto di vista, perdo ogni ostilità e resistenza, e tutte quelle attività che sono la quintessenza della “casalinghitudine” mi appaiono per quello che sono: non un lavoro (odioso) in più da fare, ma un’attenzione premurosa nei miei stessi confronti.
Non che ora mi occupi delle faccende di casa con lo slancio di cui sopra (continuano a non piacermi), ma invece di un dovere ora le sento come un volere. Voglio farle perché poi sto meglio, e non rubo più il tempo per farle ma lo dedico.
Anche in questo, l’organizzazione mi aiuta. Posso pulire casa se la casa è in ordine, posso fare ordine se so dove mettere ogni cosa, so dove mettere ogni cosa se ho organizzato gli oggetti e ottimizzato gli spazi. Sono partita proprio da qui, piano piano (alcuni spazi sono ancora in trasformazione, abbiamo una casa “liquida”), seguendo poche ma infallibili regole, che condivido con te.
Un posto per ogni cosa. È la regola base: ogni spazio ha una o più funzioni (cioè ci svolgi determinate attività) e gli oggetti che servono sono organizzati per comodità, accessibilità e uso. È anche il primo passo per eliminare il disordine.
Per esempio: in camera ci addormentiamo, dormiamo e ci svegliamo, ci sono il letto, i comodini con le lampade e i libri, un mobile per la lampada di sale e le candeline, due pouf per appoggiare i cuscini extra, le sveglie.
Ogni cosa al suo posto. È la diretta conseguenza della prima regola: se sai dove mettere un oggetto, non lasciarlo in giro! Riporre le cose nel posto scelto con criterio è il secondo passo per eliminare il disordine e le perdite di tempo.
Per esempio: so che gli asciugamani per i cani sono nel ripostiglio del bagno (l’abbiamo deciso insieme); l’altro giorno pioveva, sono andata a prenderli e non li trovavo; ho chiesto al marito: li aveva spostati senza avvisarmi e io ho perso tempo.
In basso i cassettoni. Soprattutto se i mobili sono molto profondi (più di 40 cm), i cassettoni sono perfetti per prendere e riporre le cose: non ti accovacci o inginocchi, non sposti gli oggetti in doppia fila, non ti viene mal di schiena.
Per esempio: nella credenza ho un cassettone e, dentro, tre cassetti a diverse altezze: sopra le posate di tutti i giorni, sotto quelle della domenica, poi le ciotole e le insalatiere, e sotto le tovaglie (usiamo più le tovagliette) e gli strofinacci.
In alto le ante. Le apri e trovi ciò che ti serve sugli scaffali: ti basta allungare le mani per prenderlo. In altissimo, metti le cose che usi di meno e tieni a portata di mano una scaletta. Inoltre puoi usare la superficie interna delle ante per appendere altre cose.
Per esempio: nel mio armadio, le borse che uso di meno sono sullo scaffale in alto, quelle che uso di più sono appese all’interno delle ante (e quelle ingombranti – borse grandi e zaini da lavoro – sono nei cassettoni in basso).
L’organizzazione mi aiuta ad ammorbidire la mia indole disordinata e a risparmiare tempo, che posso dedicare a ciò che conta davvero: prendermi cura di me e, quindi, anche della casa.