martedì 30 maggio 2017

Quel che è mio è tuo e viceversa

Il denaro, per me, è un argomento sensibile. Oggi non ho consigli da darti o esempi personali da condividere (sai già che usiamo il kakebo per gestire il denaro di famiglia). Desidero, però, regalarti una riflessione.

Ho sempre desiderato che il mio lavoro mi rendesse indipendente. Per me l'indipendenza economica è molto importante: ogni soldo guadagnato col proprio impegno è una gioia, sapere di poter vivere con il proprio stipendio è una sicurezza e un motivo d'orgoglio.
Quando, poi, si ha una famiglia, contribuire alle spese è come avere una marcia in più.

Per anni ho lavorato in un settore in cui il vil denaro era un di più: lavoravo tanto, guadagnavo poco e con fatica. Il mio cruccio era non poter dividere equamente le spese con mio marito. 
Un giorno mia madre mi ha detto una cosa molto importante: 
in una famiglia non importa se i soldi arrivano da una persona o da tutte, importa che ognuno contribuisca alla gestione della famiglia con quello che ha. 
Quindi, c'è chi collabora con i soldi, chi con il tempo, chi con le doti culinarie, chi con le capacità organizzative: non c'è una graduatoria, l'impegno di tutti ha lo stesso valore.


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giovedì 25 maggio 2017

Le interviste ai PO: Chiara Battaglioni

Il lavoro dei PO è giovane, qui in Italia. Non credo che le mie colleghe e i miei colleghi a cinque anni abbiano detto: "Da grande voglio fare il Professionista dell'Organizzazione!" Arriviamo da esperienze e strade diverse, c'incontriamo e ci arricchiamo a vicenda con i nostri diversi punti di vista e le diverse competenze. Lavorare assieme è sempre molto stimolante.
Oggi ti presento Chiara Battaglioni, consigliere e segretario di APOI.

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immagine di Chiara Battaglioni

Che lavoro facevi prima di diventare PO?
Ero una producer in una casa di produzione che realizzava principalmente spot pubblicitari. In qualche modo ero già un’organizzatrice, ma lo facevo sul set, tra attori e membri della troupe, occupandomi, tra le altre cose, del rapporto con il cliente e con l’agenzia creativa.

Perché hai deciso di diventare PO? Quali motivazioni ti hanno fatto capire che era la strada giusta da percorrere?
Ho lavorato alcuni mesi alla UCLA (University of California Los Angeles) con un team di professionisti del cinema e ragazzi che come me si stavano avventurando nel mondo dell’audiovisivo.
Lavorare a stretto contatto con dei creativi mi ha permesso di mettere a fuoco una mia peculiare capacità. Potevo rappresentare una risorsa, un aiuto importante per altre persone. Come? Fornendo supporto organizzativo a chi era meno organizzato di me.
I miei compagni di avvenuta a Los Angeles mi hanno sempre detto che forse, se non fosse stato per me, loro non sarebbero riusciti nemmeno a prendere il visto per gli USA - forse stavano esagerando ma per me è sempre stata una gioia poter essere d’aiuto a “fare cose” e ottenere risultati, semplificando quei processi che per alcune persone sono dei veri e propri ostacoli.

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immagine di Chiara Battaglioni

Come sei diventata PO e qual è stato il tuo percorso?
In un primo momento ho pensato che la produzione audiovisiva fosse il naturale campo di applicazione di questa mia capacità.
Poi ho incontrato per caso (o forse no!) Sabrina Toscani, fondatrice di Organizzare Italia, ora collega ma soprattutto amica, in un evento di networking a Bologna, nel maggio del 2013: raccontava a tutti di questa professione, il Professional Organizer, un professionista che conosce e applica metodi organizzativi nel lavoro e negli spazi di vita delle persone, per aiutarle a tenere tutto sotto controllo, per vivere meglio e più serenamente.
Caspita, ero io. Solo che lo facevo limitandomi alla produzione audiovisiva.
E visto che i confini mi sono sempre stati un pò stretti ho deciso di lasciare il lavoro di producer, aprire partita iva, e lanciarmi a capofitto in questa attività che mi stra piace (si può dire mi stra piace?!).

Che cosa ti affascina di più del mondo dell'organizzazione e di che cosa ti occupi principalmente?
Mi occupo principalmente di organizzazione del lavoro. E non un lavoro qualsiasi: quello del freelance. Il libero professionista che lavora da casa ha una serie di problematiche organizzative tutte sue.
Io ho voluto ardentemente diventare freelance (forse anche per la mia scarsa sopportazione dell’autorità) e per me è un onore e un privilegio essere scelta da un altro freelance affinché gli fornisca metodi e strumenti per ottenere il massimo dal poco tempo che ha a disposizione e della mole di lavoro che molto spesso ricade solo ed esclusivamente sulle sue spalle.
Quello che mi affascina di più del mondo dell’organizzazione è proprio quel senso di controllo che si acquista mano a mano che si definisce il metodo e gli strumenti di lavoro giusti per noi: a quel punto sì che si può veramente godere della libertà e dell’autonomia del lavoro di freelance.

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immagine di Chiara Battaglioni

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Riprendere a viaggiare grazie al mio lavoro. Conoscere professional organizer del resto del mondo, creare una rete di professionisti che come me si dedicano all’organizzazione sul lavoro e dei freelance. E ritornare a New York, la città che più di ogni altra mi ha insegnato che se vuoi ottenere un risultato, basta solo tirarsi su dal letto, rimboccarsi le maniche e lavorare per ottenerlo.

martedì 23 maggio 2017

Ognuno ha il suo spazio, anche il Baldo

A vent'anni sognavo di avere una casa tutta mia, un rifugio sereno e su misura per me, che mi accogliesse al rientro da ogni viaggio.
Be', le cose sono andate in modo un po' diverso... Ho convissuto prima con i miei genitori, poi con le coinquiline in città, quindi con mio marito. Non ho mai avuto una casa tutta mia, non ho mai vissuto da sola. E per una che ama la solitudine e ci vive molto bene, è il colmo.

Mi rendo conto, quindi, di quanto sia importante che in famiglia ciascuno abbia il suo spazio. La nostra casa è aperta, le stanze comunicano una nell'altra, non ci sono porte (tranne per i bagni!) e tutti gli spazi sono in comune. Di mio-solo-mio (oltre l'armadio e il comodino) ho l'angolo del fai-da-te; mio marito di suo-solo-suo ha l'autorimessa; e il Baldo?

Certo, c'è anche il Baldo. Gli animali domestici fanno parte della famiglia a tutti gli effetti: non ci parlano (ma sanno farsi capire bene) eppure riempiono le nostre giornate coi loro bisogni, problemi da risolvere e tanto affetto.

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Il Baldo si accontenta di poco: un giaciglio comodo in casa, una cuccia solida in cortile, il prato in giardino, due ciotole per mangiare e bere. Eppure è pieno di oggetti che trascura senza ritegno: tre pettorine (una sbagliata, una ereditata, una sua), tre guinzagli (uno lungo, uno corto, uno scomodo), una museruola (ahimè, gli tocca), tre collari (uno ereditato, uno suo, uno da pirata - ehm), prodotti per la pulizia, medicine, giochi, biancheria da casa (coperte, pile, teli di cotone), pronto soccorso passeggiata (ciotola pieghevole, bottiglia, sacchetti) e tutto ciò che ha a che fare col cibo.

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Il cassettone del sottoscala è il posto giusto per accogliere tutte le cose che usa ogni tanto
  • nel bidone di plastica bianca la scorta di crocchette 
  • nelle scatole trasparenti con coperchio ed etichette, ben divisi per categorie, i prodotti per la pulizia, i giochi, la biancheria e l'assortimento di guinzagli e simili

Le cose che usa tutti i giorni, invece, si trovano:
  • in cucina (dove mangia) le crocchette, i biscotti e il tavolino con le ciotole
  • nell'ingresso la pettorina e il guinzaglio
  • in macchina una borsina con l'occorrente per le passeggiate


Il Baldo approva: sa sempre dove trovare le sue cose - soprattutto i biscotti.
Ogni sera, prima di coricarsi, fa un giro di coccole, poi controlla che il guinzaglio sia al suo posto, quindi si acciambella sul giaciglio e buonanotte!
A volte bastano poche certezze, per dormire sereni.

giovedì 18 maggio 2017

I Ghirigori di Monila. La famiglia

Caro sig. Lui, se hai pensato di cenare a lume di candela per risparmiare sulle bollette e Lei ha immaginato invece si trattasse di uno slancio di romanticismo... lasciaglielo credere, ne trarranno beneficio le bollette e la serenità familiare!


Monila Valsecchi  per Paroladordine.org

martedì 16 maggio 2017

La lista delle cose belle da fare insieme

Settimana scorsa ti spiegavo la mia teoria sul consumo energetico familiare. Oggi vorrei parlarti di un'altra teoria, su cui rimugino da qualche mese:
in famiglia fare insieme qualcosa di difficile fa risparmiare energia; fare insieme qualcosa di bello moltiplica l'energia personale e dell'intera famiglia.
Per esempio, di solito le pulizie settimanali cadono di sabato mattina: se mio marito lavora, da sola faccio più fatica, impiego più tempo e m'innervosisco. Se, invece, mio marito non ha impegni, ci dividiamo i compiti, finiamo prima, fatichiamo di meno e zero nervoso.
Quando tutti e tre facciamo insieme qualcosa di bello (per esempio una passeggiata alla scoperta di posti nuovi), le giornate si arricchiscono, la soddisfazione sale ai massimi livelli, siamo sereni e abbiamo fatto il pieno nel serbatoio della nostra energia. 


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Tutto sta, quindi, nell'usare bene il nostro tempo in comune. Spesso, infatti, capita che siamo talmente presi dai "doveri" da dimenticarci dei "piaceri" e arrivano domeniche in cui ci chiediamo, del tutto impreparati: «Che cosa facciamo oggi di bello?»

Allora siamo corsi ai ripari: ho preso un vecchio quaderno ad anelli, dei semplici fogli a quadretti, una penna e insieme abbiamo pensato alle cose che ci piacerebbe fare insieme. E via di lista!


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Ci sono posti da visitare (musei, mostre temporanee, parchi, negozi), luoghi vicini e lontani da perlustrare, film da vedere quando piove, torte e altre dolcezze da preparare, ristoranti e bar da provare... Li scriviamo qui, su questa lista, uno dopo l'altro, così come ci vengono in mente: aggiungiamo qualche informazione (dove, quando, come, con chi, costi) e tutto è fatto!

A volte basta davvero poco, per avere tanto.

giovedì 11 maggio 2017

La Signorina O dice "restauro"

Oggi la Signorina O vuol parlarci del restauro.
È una delle parole più diffuse nel mondo archeologico: non solo per le opere d'arte e i monumenti, ma anche per i singoli oggetti della vita quotidiana di secoli e millenni fa.

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Pensa, già nell'antichità le persone restauravano, cioè rendevano di nuovo solidi (dal latino re "di nuovo" e staurare "render solido") e utilizzabili gli oggetti di ogni giorno.
Per esempio, tra gli oggetti che ho studiato per la mia tesi di laurea in archeologia c'era una fibbia da cintura in lamina di bronzo: la lamina s'era spezzata quasi a metà e il suo proprietario l'aveva riparata unendo le due parti con un ribattino.
Non si trattava di gente povera, anzi: pur essendo ricchi, conoscevano il valore degli oggetti e nulla era sprecato.
Come noi fino a cinquanta-sessanta anni fa: se si macchiava un vestito, lo si smacchiava; se si rompeva una sedia, la si riparava. Nulla veniva buttato se ancora si poteva riparare, rammendare, modificare, rendere di nuovo solido.

Proviamoci anche noi. Ogni volta che acquisto un oggetto, penso al valore che gli do: l'utilità, la bellezza, il sollievo, la sicurezza, il piacere, la contentezza che mi procura. Così evito gli sprechi: perché, se quell'oggetto si romperà o funzionerà male, invece di buttarlo via cercherò di ripararlo nel miglior modo possibile.
D'altronde, se le signore aristocratiche accettavano d'indossare capi d'abbigliamento rammendati (a opera d'arte, certo), perché noi no?

martedì 9 maggio 2017

Il giusto equilibrio


Già da sola non è facile mantenere sempre pieno il serbatoio della mia energia. Mi accorgo subito quando sono in riserva: stanchezza, svogliatezza, confusione... Tutte sensazioni che mi fanno dire: "Ops, ho un nido di vespe in testa".

Ancor più difficile è conservare la carica quando si ha una famiglia: che sia grande o piccola, consuma energia in proporzione.
Ho una teoria: 
in una famiglia il consumo dell'energia individuale è pari alla grandezza della famiglia, e il consumo dell'energia familiare è pari alla grandezza della famiglia al quadrato.

Per esempio, la nostra è una piccola famiglia: siamo in tre (io, mio marito e il canide Baldo), ma facciamo per nove! Io consumo energia a star dietro a me stessa, a mio marito e al Baldo (1 x 3 = 3); poiché anche loro fanno lo stesso, il consumo totale della nostra famiglia è la somma del consumo energetico di ciascuno [(1 x 3) + (1 x 3) + (1 x 3) = 9]. 
Solo a far conti, mi sento già stanca...

Ognuno di noi, infatti, ha la sua personalità, i suoi bisogni, la sua vita lavorativa, la sua famiglia d'origine, i suoi amici, i suoi interessi, i suoi sogni - con tutte le complicazioni e soddisfazioni del caso. Alcuni sono condivisi, ma altri (tanti) si devono incastrare con quelli della famiglia.
Come fare per non esaurirsi del tutto?

Sto cercando di capirlo a suon di errori, tentativi e buon senso. Dopo quindici anni di vita familiare forse sono arrivata a un dunque:
  • mai dare tutto per scontato: la famiglia è come un giardino e un giardino trascurato si trasforma presto in una selva: curarlo ogni giorno consuma meno energie che correre ai ripari una tantum
  • libretto delle istruzioni - gli esseri umani ne sono privi (purtroppo e per fortuna!), quindi creiamone uno su misura della nostra famiglia, con le regole della casa decise assieme secondo le necessità e i desideri di tutti
  • lavoro di squadra - più la famiglia è grande, più è grande la squadra di "giardinieri": come nei giardini ottocenteschi, una sola persona non basta
  • chi fa cosa - nella squadra ognuno ha il suo ruolo, né troppo né poco impegnativo, ma basato sulle proprie capacità


Ammetto, confesso (e un po' brontolo): sul secondo punto c'è ancora da lavorarci, da queste parti...

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