Il lavoro dei PO è giovane, qui in Italia. Non credo che le mie colleghe e i miei colleghi a cinque anni abbiano detto: "Da grande voglio fare il Professionista dell'Organizzazione!" Arriviamo da esperienze e strade diverse, c'incontriamo e ci arricchiamo a vicenda con i nostri diversi punti di vista e le diverse competenze. Lavorare assieme è sempre molto stimolante.
Che lavoro facevi prima di diventare PO?
Ero una producer in una casa di produzione che realizzava principalmente spot pubblicitari. In qualche modo ero già un’organizzatrice, ma lo facevo sul set, tra attori e membri della troupe, occupandomi, tra le altre cose, del rapporto con il cliente e con l’agenzia creativa.
Perché hai deciso di diventare PO? Quali motivazioni ti hanno fatto capire che era la strada giusta da percorrere?
Ho lavorato alcuni mesi alla UCLA (University of California Los Angeles) con un team di professionisti del cinema e ragazzi che come me si stavano avventurando nel mondo dell’audiovisivo.
Lavorare a stretto contatto con dei creativi mi ha permesso di mettere a fuoco una mia peculiare capacità. Potevo rappresentare una risorsa, un aiuto importante per altre persone. Come? Fornendo supporto organizzativo a chi era meno organizzato di me.
I miei compagni di avvenuta a Los Angeles mi hanno sempre detto che forse, se non fosse stato per me, loro non sarebbero riusciti nemmeno a prendere il visto per gli USA - forse stavano esagerando ma per me è sempre stata una gioia poter essere d’aiuto a “fare cose” e ottenere risultati, semplificando quei processi che per alcune persone sono dei veri e propri ostacoli.
Come sei diventata PO e qual è stato il tuo percorso?
In un primo momento ho pensato che la produzione audiovisiva fosse il naturale campo di applicazione di questa mia capacità.
Poi ho incontrato per caso (o forse no!) Sabrina Toscani, fondatrice di Organizzare Italia, ora collega ma soprattutto amica, in un evento di networking a Bologna, nel maggio del 2013: raccontava a tutti di questa professione, il Professional Organizer, un professionista che conosce e applica metodi organizzativi nel lavoro e negli spazi di vita delle persone, per aiutarle a tenere tutto sotto controllo, per vivere meglio e più serenamente.
Caspita, ero io. Solo che lo facevo limitandomi alla produzione audiovisiva.
E visto che i confini mi sono sempre stati un pò stretti ho deciso di lasciare il lavoro di producer, aprire partita iva, e lanciarmi a capofitto in questa attività che mi stra piace (si può dire mi stra piace?!).
Che cosa ti affascina di più del mondo dell'organizzazione e di che cosa ti occupi principalmente?
Mi occupo principalmente di organizzazione del lavoro. E non un lavoro qualsiasi: quello del freelance. Il libero professionista che lavora da casa ha una serie di problematiche organizzative tutte sue.
Io ho voluto ardentemente diventare freelance (forse anche per la mia scarsa sopportazione dell’autorità) e per me è un onore e un privilegio essere scelta da un altro freelance affinché gli fornisca metodi e strumenti per ottenere il massimo dal poco tempo che ha a disposizione e della mole di lavoro che molto spesso ricade solo ed esclusivamente sulle sue spalle.
Quello che mi affascina di più del mondo dell’organizzazione è proprio quel senso di controllo che si acquista mano a mano che si definisce il metodo e gli strumenti di lavoro giusti per noi: a quel punto sì che si può veramente godere della libertà e dell’autonomia del lavoro di freelance.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Riprendere a viaggiare grazie al mio lavoro. Conoscere professional organizer del resto del mondo, creare una rete di professionisti che come me si dedicano all’organizzazione sul lavoro e dei freelance. E ritornare a New York, la città che più di ogni altra mi ha insegnato che se vuoi ottenere un risultato, basta solo tirarsi su dal letto, rimboccarsi le maniche e lavorare per ottenerlo.