martedì 27 settembre 2016

Le interviste ai PO: Francesca Pansadoro

Mi piace scoprire le differenze e le affinità tra me e i miei colleghi PO, e mi piace vedere come percorsi diversi giungono, infine, allo stesso punto e da lì ripartono legati da progetti in comune.
Oggi ti presento Francesca Pansadoro di TUTTOAPOSTO, Professional Organizer e responsabile delle Relazione esterne di APOI.

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immagine di TUTTOAPOSTO

Che lavoro facevi prima di diventare PO?
Prima di cambiare rotta verso l’isola felice del Professional Organizing mi occupavo di Comunicazione, sia da un punto di vista della progettazione grafica che come Art Director di progetti per grandi aziende. La mia esperienza in questo campo mi è stata di enorme aiuto per affacciarmi a questa nuova professione in cui la capacità di comunicare, l’empatia e l’ascolto sono ingredienti basilari.

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Perché hai deciso di diventare PO? Quali motivazioni ti hanno fatto capire che era la strada giusta da percorrere?
Sono partita dal desiderio di cambiamento, avevo voglia di intraprendere una nuova strada professionale e ho ascoltato me stessa. Avendo vissuto per anni negli Stati Uniti, ero a conoscenza della professione, è stato dunque facile trasformare una mia naturale attitudine organizzativa in una professione che andasse a combaciare con le nuove esigenze di mercato; mi è sembrato naturale e di grande ispirazione. Inoltre ho pensato: se funziona oltre oceano perché non dovrebbe funzionare anche da noi? Nel bene e nel male gli americani arrivano prima di noi in vari ambiti, e anche in questo campo ci hanno solo preceduto, inoltre sono convinta che il nostro background, la nostra cultura, la nostra proverbiale duttilità possano essere ingredienti meravigliosi per rendere il “Professional Organizing made in Italy” speciale e unico nel mondo.

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Come sei diventata PO e qual è stato il tuo percorso?
Ho iniziato per intuizione, spinta da una cara amica americana che a Los Angeles da
anni lavora come PO per l’esigente mondo delle star hollywoodiane. Lei mi ha sostenuta proprio per le mie attitudini caratteriali: naturalmente organizzata, grande capacità di comunicare e ascoltare che si traducono in forte empatia verso gli altri, creatività e un forte senso pratico… questi alcuni degli ingredienti fondamentali per affacciarsi alla professione.
Il passaggio successivo è stato occuparmi del mio personal branding, la scelta del nome, la costruzione del sito e la divulgazione in TV. I media si sono accorti di questa nuova figura professionale che muoveva i primi passi in Italia, successivamente la maggior visibilità mi ha permesso di incontrare tre donne meravigliose con cui condividere le stesse idee. Insieme è iniziata una bellissima avventura che si chiama APOI (la prima Associazione italiana di Professional Organizers) e Organizzare Italia, per le quali realizziamo progetti innovativi, a cui si aggiunge una comune visione della vita.
La certezza inoltre che oggi fare rete è un valore aggiunto importante ci ha spinto a creare un piano di divulgazione ben strutturato, che ha permesso a molti di affacciarsi a questa nuova professione che oggi in Italia sta guadagnando un seguito sempre maggiore.

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Che cosa ti affascina di più del mondo dell'organizzazione e di che cosa ti occupi principalmente?
La bellezza del Professional Organizing è proprio il fatto che tocchi vari ambiti e molto diversi tra loro: lavoro e ufficio, l'ambito domestico, lo stile di vita e in fine l’educazione.
Il mio è stato ed è un percorso in continua evoluzione: ho iniziato in ambito domestico, che mi entusiasma sempre molto, arrivando oggi a sviluppare un meraviglioso progetto per entrare nelle scuole. In questo ambito così innovativo (siamo i primi nel mondo) intravedo un lungo e proficuo percorso che avrà un notevole impatto sociale. Ed è proprio questo ultimo aspetto che ha reso ancora più stimolante la mia, la nostra, ricerca. L’idea di poter fare la differenza per tanti bambini e ragazzi che saranno i giovani uomini del futuro è una sfida umana e professionale notevole.   

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Qual è il tuo sogno nel cassetto?
I sogni nel cassetto sono sempre tanti e si rinnovano di giorno in giorno, ma l’idea di
essere i primi in Italia a dar vita ad un progetto che possa essere integrato nei programmi
del MIUR è certamente una sfida affascinante. Lo vedo un contributo tangibile per la crescita dei giovani, un aiuto per i docenti e il sogno nel cassetto di una società più serena e al contempo produttiva.  

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