giovedì 11 maggio 2017

La Signorina O dice "restauro"

Oggi la Signorina O vuol parlarci del restauro.
È una delle parole più diffuse nel mondo archeologico: non solo per le opere d'arte e i monumenti, ma anche per i singoli oggetti della vita quotidiana di secoli e millenni fa.

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Pensa, già nell'antichità le persone restauravano, cioè rendevano di nuovo solidi (dal latino re "di nuovo" e staurare "render solido") e utilizzabili gli oggetti di ogni giorno.
Per esempio, tra gli oggetti che ho studiato per la mia tesi di laurea in archeologia c'era una fibbia da cintura in lamina di bronzo: la lamina s'era spezzata quasi a metà e il suo proprietario l'aveva riparata unendo le due parti con un ribattino.
Non si trattava di gente povera, anzi: pur essendo ricchi, conoscevano il valore degli oggetti e nulla era sprecato.
Come noi fino a cinquanta-sessanta anni fa: se si macchiava un vestito, lo si smacchiava; se si rompeva una sedia, la si riparava. Nulla veniva buttato se ancora si poteva riparare, rammendare, modificare, rendere di nuovo solido.

Proviamoci anche noi. Ogni volta che acquisto un oggetto, penso al valore che gli do: l'utilità, la bellezza, il sollievo, la sicurezza, il piacere, la contentezza che mi procura. Così evito gli sprechi: perché, se quell'oggetto si romperà o funzionerà male, invece di buttarlo via cercherò di ripararlo nel miglior modo possibile.
D'altronde, se le signore aristocratiche accettavano d'indossare capi d'abbigliamento rammendati (a opera d'arte, certo), perché noi no?

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