Era gennaio, tra gli obiettivi per l’anno nuovo brillavano “lavorare meglio” e “vivere sano”. Era un segno del destino: l’ho preso, sfogliato, comprato e letto tutto d’un fiato.
Non mi sono pentita di questo acquisto “di pancia”, perché l’autrice spiega con parole sue quel che già sentivo con prepotenza: trovare l’equilibrio tra il fare e non fare, e che dal non fare può nascere un fare molto più armonioso, che fa bene a noi e al mondo che ci circonda.
Il testo è diviso in sette capitoli, che accompagnano chi legge a ragionare lungo un percorso, da quanto sia controproducente essere iperattivi e frenetici a quanto sia benefico – e naturale – riposarsi seguendo i propri ritmi. Gli esercizi suggeriti aiutano a mettere in pratica fin da subito i benefici del non fare.
L’iperattività compulsiva tipica della nostra società è la causa di molti errori, che richiedono tutta la nostra attenzione, il nostro tempo e la nostra energia. Per evitarli l’autrice suggerisce di fermarci e dedicarci a noi stessi, ritrovare il nostro ritmo e agire secondo i nostri reali (e naturali) desideri e bisogni.
Il riposo, infatti, è un bisogno fisiologico e un vantaggio non solo sul piano personale, ma anche per l’efficacia del lavoro: aiuta a ritrovare la creatività, a prendere decisioni, a risolvere i piccoli e i grandi problemi quotidiani. Se scegliamo di non farci assorbire dal lavoro e dagli impegni, possiamo rendere le nostre giornate più vive e scegliere le attività con cui esprimerci pienamente: tutto questo ci farà diventare persone migliori in ogni ambito della nostra esistenza e ci aprirà a ben più ampi orizzonti.
Ed è questo il motivo per cui il libro mi è piaciuto. La frenesia del lavoro ci ha tolto ogni spontaneità, riposarci sembra quasi una perdita di tempo… Eppure dall’alternanza tra fare e non fare possiamo crescere, espanderci e “fiorire”.
Conosco sempre più persone che esauriscono l’energia perché hanno chiesto troppo a se stesse sul lavoro, con effetti spiacevoli anche in casa e in famiglia. Ritmi innaturali, resistenza portata al limite (anche oltre), finché il corpo pretende il giusto riposo e qualcosa si rompe: riaggiustare tutto, poi, è faticoso e doloroso.
A me è capitato un paio di volte, l’ultima tre anni fa e non mi è piaciuto affatto: da allora cerco di seguire ritmi più semplici, rifiutare gli impegni che non mi fanno bene (con garbo e senza sensi di colpa), dedicare più tempo al riposo e alle attività che mi piacciono. Non sempre è facile: se sei una persona entusiasta e innamorata del tuo lavoro, conosci bene questa situazione e le sue irresistibili tentazioni!
Ma c’è un altro motivo per cui il libro mi è piaciuto: l’ho incontrato per caso poco dopo aver deciso assieme a Fabiola Di Giov Angelo i contenuti del nostro evento Elogio della lentezza per la Settimana dell’organizzazione… Mi è sembrato un segno del destino.
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