martedì 19 dicembre 2017

Lo spazio (in)finito

Se faccio un gioco e unisco la parola “fine” alla parola “spazio”, mi vengono in mente molti pensieri satelliti che vorticano attorno a un’unica idea.

Primo pensiero: lo spazio infinito.

Se potessimo, vorremmo che lo spazio si estendesse all’infinito attorno a noi. Lo riempiremmo di tutti i nostri ricordi, di tutti gli oggetti passati tra le mani durante la nostra vita - anche quelli inutili, che non ci rappresentano (ma sono “di moda”), ci opprimono, non ci sono mai piaciuti, quelli tanto desiderati e presto dimenticati. Compreremmo mobili più grandi, allargheremmo le case, pur di farceli stare e non decidere mai di che cosa abbiamo davvero bisogno.

Secondo pensiero: lo spazio finito.

Il termine “finito” può avere un’accezione negativa e una positiva. Lo spazio finito è limitato: piccolo, stretto, insufficiente per contenere noi e le nostre sostanze. Oppure, lo spazio finito è compiuto in ogni suo dettaglio: ogni angolo ha un ruolo, contiene ciò che serve e ci accoglie con calore.

Terzo pensiero: fine allo spazio.

Diamo un fine allo spazio: uno scopo, un motivo per cui esistere. Altrimenti non avrà identità e dalla confusione nascerà solo altra confusione.
Diamo anche una fine allo spazio: siamo davvero sicuri di averne bisogno di più ? Per farci che cosa, stiparlo di altri oggetti?

Quarto pensiero: spazio alla fine.

Diamo spazio alla fine: quando è giunto il momento di cambiare (a volte arriva in modo prepotente), accogliamolo e facciamo spazio a tutto ciò che finisce. Poi, lo sappiamo, qualcosa di nuovo inizierà: ogni fine porta con sé un inizio, un piccolo seme di opportunità.

Una cosa ho imparato, quest’anno, sullo spazio: desidero solo che sia “mio” e accolga la mia vita con armonia, equilibrio, semplicità e bellezza.

paroladordine-spazio-specchio

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